Con il digitale a rischio la memoria storica mondiale

Oggi, con l’avvento delle innovative tecnologie IoT, il famoso internet delle cose, sta schizzando sempre più in alto il volume di dati che questo mondo virtuale, fatto di bit e rete internet, deve gestire, conservare e proteggere sia per l’uso quotidiano, sia per una logica di analisi anche in termini legali e commerciali. Pensiamo ad esempio alla nuova domotica con frigoriferi o lavatrici avanzate che acquistano automaticamente prodotti che, ovviamente, devono essere certificati da fatture, bolle di spedizione, ricevute di consegna e così via. Tutta questa mole di dati, che conosciamo oramai col nome di Big Data, va moltiplicandosi costantemente a ritmi frenetici che seguono il passo delle innovazioni tecnologiche e, di conseguenza, dei servizi offerti. Inoltre il 5G, la tanto discussa rete ultraveloce che sta per rivoluzionare lo stesso concetto di comunicazione, produrrà un ulteriore aumento dei dati trattati, gestiti e, quindi, da conservare. L’uomo si sta evolvendo, anche se restiamo profondamente deboli nei ragionamenti, si veda ad esempio il razzismo, la guerra, il menefreghismo per l’ambiente, etc., e con questa evoluzione si amplia la quantità (non necessariamente la qualità!) di dati digitali, eterei, immateriali, che dobbiamo “trattare”. Se volete una misura di ciò che l’umanità sta producendo con il nuovo mondo digitale, posso ricordarvi che nel 2018 abbiamo prodotto 33 zettabyte di files digitali. Non sapete cosa sia un zettabyte? Beh siamo abituati a misurarci con i famosi “Giga”, vero? Ah queste offerte per la navigazione con il telefono! Poco male, 33 zettabyte equivalgono all’incirca a ben 36 bilioni di GB!

Dove sono i problemi

In primis c’è un problema comune tra “carta e digitale”, ovvero la protezione da distruzione accidentale. Se la carta teme fuoco, acqua e parassiti, i supporti che conservano dati digitali temono fuoco e acqua senza troppo preoccuparsi di determinati microorganismi. Ma c’è il primo problemino che fa pendere temporaneamente la bilancia a favore del bianco supporto fisico: l’energia.

Una volta scritti i dati, infatti, la carta può essere sempre letta dagli utentimentre per leggere un dato digitale serve quantomeno l’energia necessaria a far girare il supporto elettronico che lo deve mostrare all’utente. Fin qui nulla di nuovo, siamo alle solite diatribe da social tra carta ed ebook readers, ma le cose si fanno davvero più complicate quando iniziamo a pensare allo scorrere del tempo.

Si, avete capito bene, la reale discriminante tra supporto fisico e supporto virtuale/digitale è e resterà sempre la durata temporale. Ma attenzione, il concetto di durata per supporti e dati digitali non può essere ridotto alla semplice questione del deperimento fisico di un hard disk o del computer/server che lo fa funzionare. Il vero problema, che mette a rischio la conservazione di tutto ciò che ci rende “vivi”, potremmo dire quindi la nostra nuova memoria storica, è quello della intelligibilità dei dati stessi.

In futuro saremo sempre in grado di “comprendere” i dati digitali?

Torniamo un attimo indietro agli albori dell’informatica domestica. Oggi quante persone sarebbero in grado di leggere i dati conservati su un vetusto floppy disk che funzionava con il Commodore 64 o con i 286 degli anni ’80? Qualcuno si sta già chiedendo cosa mai si dovrebbe leggere in un floppy disk che all’epoca poteva contenere quasi zero dati rispetto ad oggi? Beh, ad esempio dei certificati scritti su un normale foglio di scrittura (oggi lo chiamiamo Word) che però sono fondamentali per risalire e assegnare, ad esempio, la proprietà di una casa, un terreno, un’azienda o di un bel portafoglio bancario. Ecco, mettiamo caso che l’unica traccia rimasta di un atto di proprietà siano delle copie digitali su floppy disk del 1979, magari in formato da 5” ¼ (dite la verità, non sapete assolutamente cosa sia quella misura…) e mettiamo caso che da oggi non vi siano più computer e softwares in grado di leggere quei “dischetti”, come si diceva una volta. Cosa si fa? Le idee ora sono più chiare, vero?

Un floppy disk da 3″ 1/2 inserito nel lettore. Tali supporti potevano 
“ospitare” solo 1, 44 Mb di dati, ovvero un decimo di ciò che oggi occupa 
una buona foto scattata con un telefonino.

La memoria storica moderna è sempre più a rischio

Con l’informatica, quindi, è stato letteralmente creato un nuovo mondo in cui conserviamo giornalmente i dati della nostra vita e che un domaniquando saremo “il passato” di qualche altra civiltà o epocapotrebbero essere sostanzialmente persi per sempre.

Molti scienziati, studiosi, storici, archivisti, fotografi, registi, ingegneri e tecnici informatici stanno da tempo lanciando un accorato appello per trovare una soluzione a ciò che potrebbe realmente essere un disastro annunciato. L’allarme, tra l’altro, parte da eventi già in corso di svolgimento. Non ho citato a caso i floppy disk ed i primi modelli di computer, quindi dei dispositivi che hanno visto il primo embrionale passaggio di dati sensibili dalla carta al mondo informatizzato. Già oggi diversi documenti potrebbero spegnersi per sempre perché a breve potremmo non essere più in grado di leggerli. Molti enti pubblici ed archivistici, come pure diverse società private, stanno alacremente copiando i dati più vecchi per registrarli in supporti moderni che, però, non assicurano la cosiddetta long lasting life per un motivo semplicissimo. I dispositivi ed i software attuali stanno diventando vecchi in modo talmente veloce da non assicurare che tutti i materiali vetusti, seppur copiati su nuovi supporti, possano sopravvivere a lungo, anzi potrebbero ritrovarsi più rapidamente di prima in condizioni di obsolescenza. Sostanzialmente, per quanto possa sembrare strano in una società sempre più digitalizzata, la carta è l’unico supporto che ancora garantisce, a parità di eventi distruttivi generali, cioè un incendio, una sommersione in acqua, etc., la reale lunga durata di documenti, fotografie e testi elaborati, escludendo però alcune stampe moderne come quelle delle foto sviluppate non su carta chimica ma prodotte con stampanti a getto d’inchiostro o laser (ad uso non editoriale). Ad ogni modo, ad oggi rischiamo la perdita di fondamentali porzioni della nostra storia a causa del totale cambiamento che ha coinvolto le produzione videografica. Le pellicole, per quanto facilmente deperibili con il calore, l’umidità o il freddo, avevano più possibilità di sopravvivenza parziale nel lungo periodo rispetto al rischio di perdita totale dei video completamente prodotti in formato elettronico o digitale. Ciò ci riporta al problema di prima. I video prodotti negli ultimi decenni stanno diventando obsoleti e sono registrati su supporti che non garantiscono la durata eternama soprattutto hanno subito un continuo cambiamento delle risoluzioni e dei codificatori video, per cui attualmente tantissimi file video sono già estremamente problematici da leggere con i sistemi moderni, e stanno anche diventando improponibili per gli schermi di nuova generazione. L’effetto pixelloni, quella sgranatura dell’immagine a grossi quadretti, l’avete presente? Bene, immaginate dei video storici, magari degli anni ’90, prodotti nella fantasmagorica risoluzione VGA da 640 x 480 o, ancor peggio, la 320 x 200. Già oggi, su un pc moderno o su un televisore Lcd Hd, questi video sembrano un puzzle per bambini piuttosto che un filmato che testimonia un qualche evento umano.

Un’immagine in due risoluzioni differenti. A sinistra l’effetto pixellato e 
sgranato dell’immagine a risoluzione ridotta, da vecchio formato, mentre a destra 
una normale risoluzione moderna. A breve le immagini più vecchie potrebbero essere 
“poco leggibili”!

Ovviamente in questo articolo ho presentato solo la parte terminale della punta dell’Iceberg! Si, perché vi sono talmente tanti aspetti da considerare in questa battaglia contro l’obsolescenza, che gli scienziati stanno scrivendo fiumi di libri per suggerire le possibili soluzioni. Per il momento, ciò che tutti consigliano, per quanto possa realmente sembrare un’assurdità, è quella di operare una selezione dei contenuti. Cosa vuol dire? Vuol dire che, pensando ad esempio alle foto personali, che rappresentano la storia della nostra famiglia, non potendo salvare tutti gli scatti giornalieri registrati da telefonini e macchine fotografiche digitali, si può operare una scelta limitata ma significativa di tutte le immagini che ci rappresentano. Pensate, ad esempio, alla crescita dei nostri figli. Scattiamo continuamente foto e le dimentichiamo su schede di memoria o hard disk per anni, ovviamente rischiando la perdita di tutti i nostri ricordi. La selezione dei contenuti, però, potrebbe garantire la sopravvivenza dei momenti più importanti, come si faceva una volta con gli scatti “reali” dei fotografi professionisti. Quindi cosa fare? Selezionare, appunto, gli scatti o i documenti più importanti della nostra vita e stampare, proprio come si faceva una volta. Avremo sicuramente ancora problemi di spazio, ma garantiremo la sopravvivenza di documenti e immagini di particolare importanza sia in termini storici che legali. Ovviamente tutti restiamo in attesa di supporti e applicativi che inizino a garantire realmente il superamento dei problemi di obsolescenza e che, anche a distanza di migliaia di anni, possano sempre essere facilmente decifrati e letti dai dispositivi più moderni…o dagli esseri umani di un futuro molto lontano!

Author Giuseppe Russo Tutti i diritti riservati © 2020 Riproduzione vietata

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