Operazioni segrete della Seconda guerra mondiale. La Sacra Sindone nascosta a Montevergine (AV) per proteggerla dai nazisti.

Il primo settembre del 1939 la Polonia veniva invasa dai nazisti e si avviava una tragedia che avrebbe superato ogni aspettativa, ogni più nera previsione e disumanità fino a quel momento concepita dall’essere umano. In Europa si percepiva da tempo il pericolo di una guerra che avrebbe colpito a morte tanti civili innocenti, ma anche lo stesso concetto di comunità, di cultura, di tradizione. Le teorie militari dei primi del ‘900 avevano ampiamente comunicato, con cinismo intellettuale, che la nuova guerra avrebbe coinvolto gli abitati, l’arte, le piazze, il morale e la psicologia delle popolazioni per farle implodere dall’interno. In Italia, straordinaria stratificazione di storia e cultura, ci si preoccupò subito di porre rimedio a tale pericolosa prospettiva, in particolar modo per alcuni simboli universali della religione cattolica, tra cui la Sacra Sindone. La reliquia, considerata il sudario sacro che, avvolgendone il corpo dopo la crocifissione, conservò l’immagine del Cristo, era di proprietà dei Savoia che la custodivano da anni nel Palazzo Reale di Torino.

Facciata del Palazzo Reale di Torino vista da Piazza Castello

Su tale bene, fondamentale anche per la vita laica del Paese, durante il nazismo si concentrarono gli interessi di strane frange esoteriche del III Reich, di speculatori d’arte e di collezionisti d’ogni genere, un accentramento di pericoli da battere con una soluzione “poco ortodossa”, magari sfruttando lo stretto rapporto che i reali avevano con i benedettini dal 1400. Il 7 settembre del ‘39, pochi giorni dopo l’inizio ufficiale della guerra, il lenzuolo fu rimosso dall’originale teca d’argento e riposto, con ulteriori protezioni, in un’anonima cassa di legno per trasferirlo a Roma. Grazie al diretto interessamento di Vittorio Emanuele III, il delicato incarico di proteggere nel più assoluto silenzio la Sindone fu affidato direttamente a monsignor Ramiro Marcone, abate dell’Abbazia di Montevergine in Irpinia. La cassa, depositata temporaneamente nella Cappella dell’Annunziata al Quirinale, a Roma, fu poi caricata in auto e trasportata senza alcuna scorta ad Avellino il 25 settembre dello stesso anno. A vigilare, senza protezioni per non suscitare domande alle quali non si poteva e doveva rispondere, furono monsignor Gariglio ed il canonico Paolo Brusa, accolti a Montevergine da pochi prelati che avrebbero mantenuto un riserbo totale anche a costo della vita. La cassa fu collocata sotto l’altare del Coretto di Notte, una cappella stretta e lunga costruita nel lontano 1632 per alleviare i disagi della preghiera notturna che, quindi, oltre ad occultare la reliquia, l’avrebbe conservata in un luogo climaticamente sicuro. Inoltre, quella posizione avrebbe garantito protezione da eventuali bombardamenti grazie ad un muro maestro in solida pietra calcarea, a ridosso della montagna, e ad un interramento alla profondità di circa un metro. In caso di incursioni di terra, poi, Marcone avrebbe traslato la cassa in una galleria artificiale scavata direttamente nella roccia, lontana dalla cappella ma accessibile senza uscire allo scoperto. Tutto, quindi, era stato studiato pensando al fatto che già prima della guerra Hitler aveva avviato silenti ricerche del telo sacro, approfittando anche della visita ufficiale in Italia del 1938, perché molto attratto da teorie esoteriche condivise con Himmler e altri gerarchi nazisti, tanto da istituire uno speciale reparto delle temute SS, comandato dal ricercatore Otto Rahn, per trovare e acquisire oggetti quasi mitologici come la Lancia di Longino. La ricerca di reliquie sacre, legate soprattutto alla Passione di Cristo, era direttamente connessa alla complicata gioventù del leader nazista e all’incontro fortuito con l’arma del legionario da cui l’antico oggetto aveva preso il nome, una piccola punta metallica cui si attribuiva la capacità di far dominare il mondo dopo aver trafitto il costato del Cristo sulla croce. Fu a partire  dal primo fugace incontro con la lancia sacra, nel 1912, che Hitler iniziò la ricerca di questi tesori, tanto che nel 1938, entrato trionfalmente a Vienna, se ne impossessò subito incaricando le SS di iniziare la ricerca addirittura del Sacro Graal, il calice usato da Gesù durante l’ultima cena. Il III Reich, però, non aveva fatto i conti con la tenacia dei monaci irpini.

Il Sacro Graal rappresentato in una delle vetrate decorate della Cattedrale 
bretone di San Corentino. Il Graal è conteso tra diversi significati e ovviamente 
non essendo mai stato scoperto, è simbolicamente mistificato in varie accezioni 
tra cui anche la stessa Sindone. Una delle tesi, infatti, indica nella Sindone 
la corretta identificazione del Sacro Graal a seguito di equivoci storici che 
mutarono il significato degli eventi dell’ultima cena e della stessa crocifissione 
del Cristo.

Il 14 settembre ’43, dopo il terribile bombardamento di Avellino, i soldati tedeschi, notando bagliori provenire dalle finestre del santuario, si precipitarono furiosi a controllare la struttura, pretendendo di entrare per effettuare una pericolosa perquisizione. I nazisti, armi in pugno, minacciarono addirittura di essere pronti a cannoneggiare direttamente il monastero, sospetto covo di qualche osservatore nemico, ma i monaci riuscirono a spiegare che le luci osservate erano solo semplici bagliori sulle vetrate dell’Ospizio vecchio e lo spiacevole episodio si concluse con un mero spavento. Durante la ritirata nazista, a seguito dell’avanzata degli angloamericani da Salerno, altri soldati s’erano già presentati per razziare il possibile, ma, respinti con gentile audacia dai monaci di Montevergine, furono sempre cacciati dopo qualche buon bicchiere di vino o la regalia di altre piccole cose ancora disponibili nell’austera comunità. Il 28 ottobre del 1946, sei anni dopo l’annuncio dell’entrata in guerra, la Sindone iniziava il viaggio di ritorno a Torino, non prima di averla lasciata in ostensione per mostrarla ai monaci che l’avevano ben custodita senza mai vederla direttamente. L’arcivescovo di Torino, il cardinale Maurilio Fossati, dopo una solenne celebrazione, caricò il lenzuolo sacro in auto e la riportò a casa il 29 ottobre, passando per Roma e chiudendo questa particolare avventura che grazie alla cura dei monaci irpini aveva permesso un sicuro soggiorno ad uno dei simboli più importanti della cristianità.

Il Santuario benedettino di Montevergine a Mercogliano, Avellino. Qui fu custodita 
e salvata dalle mire naziste la Sacra Sindone.

Author Giuseppe Russo Tutti i diritti riservati – Aprile © 2021 Riproduzione vietata

Le immagini di repertorio mostrate nell’articolo sono prelevate e usate sotto licenza CC BY-SA 3.0 o inserite perché di pubblico dominio.

L’articolo è stato composto anche sulla base del mio libro LA GUERRA DIMENTICATA -Giuseppe Russo – Boopen Edizioni, 2017.

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