La Corte dell’Oca: un “museo del ‘900” che vive in un hotel di Subbiano (AR)

La luce in fondo al tunnel, dopo questi incredibili mesi di pandemia, pare si stia trasformando velocemente in un raggio sempre più radioso, solare, portatore di rinascita. La cultura, alla base di ogni attività sociale, comunicativa e aggregativa, ha pagato ovviamente il pegno più alto nell’ultimo anno. Turismo sostanzialmente azzerato, musei chiusi, eventi culturali impossibili da organizzare, teatri e cinema fermi, insomma un vero e proprio tsunami che si è abbattuto non solo sulla sanità, ma anche su altri settori importanti dell’economia italiana. Ora che la zona bianca si avvicina per tutti, grazie alla complicità del caldo, ma anche all’accelerato tasso di vaccinazione della popolazione, il settore culturale vuole assolutamente riprendere alla grande la sua posizione di traino anche delle attività commerciali. Sì, perché molti, grazie alla pandemia, hanno finalmente compreso che cultura, eventi e turismo danno vita a quei preziosi flussi di transito o stazionamento di persone che poi fruiscono dei servizi di ristorazione, soggiorno, trasporto e commercio delle nostre città. Insomma, nonostante si faccia sempre finta di “non capire”, è proprio la cultura il motore di “tutto il resto”. Quindi, considerata l’oramai molto probabile uscita dall’emergenza, la cultura sta rimettendo in moto le proprie strutture: musei, regge, aree archeologiche e tanto altro. Ciò significa anche una nuova caccia alla formula magica per attirare più visitatori, vendere biglietti e comparire nelle statistiche istituzionali, a torto o ragione, sperando di non commettere il vecchio errore di lasciar impolverare mestamente, escludendoli dai circuiti mediatici, i tanti grandi e piccoli scrigni della bellezza italica. Se il marketing del consumismo non riesce a spingere i cittadini a vivere un po’ la propria “civiltà”, la propria storia, i propri beni culturali, magari è anche a causa dei troppi discorsi accademici, scientifici, a volte incomprensibili che si continuano a sciorinare. Sono in pochi a rendersi conto, secondo la mia umile opinione, che un buon approccio potrebbe essere quello della “macchina del tempo rallentata”, di un racconto del nostro passato più graduale, più prossimo, meno lontano da chi, pur voglioso di cultura, non riesce a collegare immediatamente la propria esistenza moderna ai tanti simboli antichi racchiusi nei musei. La formula giusta, forse, l’ha trovata il sig. Franco Donati, proprietario del bellissimo e particolare hotel diffuso, con annesso ristorante, La Corte dell’Oca di Subbiano, a due passi da Arezzo.

Il mitico bancone de La Corte dell’Oca, un vero museo vivente!

Il sig. Franco, che ti accoglie con il sorriso, insieme all’altrettanto simpatico assistente Stefano, tipicamente toscano e quindi, come noi campani, sempre pronto alla battuta, ritiene di fare il “ristoratore-albergatore” ma, non so se per modestia, pare non essere particolarmente cosciente che la sua struttura andrebbe tutelata dall’Unesco insieme ai tantissimi reperti storici del secolo scorso che vi conserva appassionatamente. Un hotel ristorante dove ti giri e trovi le “vespa”, le note motorette dal sapore felliniano, come pure auto d’epoca, carretti dei gelati, giocattoli d’altri tempi, liquorini monoporzione da collezione, saponi con confezione artistica, oltre che libri e tante suppellettili in grado di coprire un arco temporale vasto ma non troppo distante dalla modernità cui i cittadini di oggi sono abituati. Soprattutto tiene perfettamente insieme, e questo gli fa onore, la tradizione toscana e italiana degli anni ’50 e ’60, non solo nelle caratteristiche camere che mette a disposizione dei visitatori, ma anche quando ti accoglie di fianco al gigantesco bancone in legno, dove resti a bocca aperta per le bottiglie di “Latte di gallina” (un liquore!), o vicino ad una vera cucina attrezzata di un’epoca che oggi mette tanta nostalgia. Ma ovunque lo sguardo si soffermi, in un’aria che riporta alla mente film come La dolce vita, I soliti ignoti o Amici miei, il povero illuso commensale viene catapultato nella reale storia d’Italia, in un libro tridimensionale che ti parla attraverso un aeroplanino di latta, un televisore bianco e nero con due sole manopole, una macchina da cucire Singer a pedali o una tazzina da caffè con quei fiorellini sbiaditi che solo le nostre nonne potevano portare con orgoglio a tavola. Si, avete capito bene, il povero turista, il commensale, si illude di andare a mangiare, magari prima di un sonnellino nelle camere di questo caratteristico hotel diffuso. Ma con grande maestria il furbissimo Franco lo ha già fregato, lo ha già strappato alla becera modernità del telefonino, al consumismo usa e getta, alle bottigliette di plastica, al cibo spazzatura e al conformismo del terzo millennio! Si, alla Corte dell’Oca lui, Franco, dice di accogliere i visitatori, ma io, che son più furbo di quel diavoletto toscanaccio, l‘ho scoperto: La Corte dell’Oca è un museo.

Un piccolo scorcio del giardino esterno con auto e carretti d’epoca. Fenomenale!

Se vogliamo riprenderci di nuovo la libertà, andiamo a scoprire questi musei diffusi e nascosti dell’Italia vera. Se potete, provate a passare da Franco a Subbiano…e salutatemelo anche!

Author Giuseppe Russo – Tutti i diritti riservati © giugno 2021 Riproduzione vietata

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