The Broken Window Theory: la sicurezza dei territori passa per il rispetto dei “beni culturali”

Nel periodo del ritorno alla normalità, con previsioni di un probabile PIL stellare nei prossimi mesi, tutti i settori economici hanno finalmente compreso che la ripresa passa e passerà direttamente dai territori, dalle sue espressioni, dall’economia indotta e soprattutto dalle attività legate al nostro invidiato patrimonio storico. Ma prima di parlare di beni culturali, da intendere sempre più nell’accezione moderna del termine, che include quindi le architetture moderne, la cultura sportiva e quella industriale, l’arte digitale, il turismo o le diverse sfaccettature dell’entertainment, è necessario prendere coscienza di un particolare ed interessante concetto spesso trascurato, strumentalizzato e qualche volta anche rinnegato. La teoria di cui parliamo oggi, davvero semplice da intendere perché calata totalmente nella realtà quotidiana, può aiutarci a comprendere come la cultura, che si dipana in ogni espressione umana, non è qualcosa di astratto e lontano dai piccoli e grandi problemi della nostra vita, anzi è l’esatto opposto, nonostante si tenda sempre ad ignorare questa connessione che invece è più intima di quanto si pensi.

La teoria della finestra rotta, di James Q. Wilson e George Kelling, fu sviluppata 
ed evidenziata nel 1982.

Andiamo per ordine. Nella realtà quotidiana, in tutte le epoche, abbiamo sempre avuto la consapevolezza di zone territoriali franche, di aree urbane talmente degradate da diventare mitologiche, inaccessibili addirittura agli organi dello Stato. Indipendentemente da eventuali esagerazioni, figlie di leggende metropolitane, è innegabile che alcuni “paesaggi urbani” sono inquietanti, altri tendono a diventarlo, mentre alcuni vengono recuperati e riportati a nuova vita invertendo la spirale del degrado. Proprio del concetto di degrado si occuparono, a fondo e scientificamente, due sociologi-criminologi americani nel lontano 1982. Nel mitico anno della nostra vittoria ai mondiali, James Q. Wilson e George Kelling pubblicarono un articolo scientifico intitolato the Broken Window Theory (La teoria della finestra rotta), con il quale si provava che il comportamento sociale umano, indipendentemente dalla zona più o meno degradata in cui si vive, è sempre lo stesso, chiaramente tendente ad una spirale di violenza e ad effetti predatori quando inizia l’incuria, il lassismo e l’abbandono del territorio da parte delle istituzioni e soprattutto dei normali cittadini. Lo studio evidenziò questi risultati grazie ad un semplicissimo ed interessante esperimento, banalmente realizzato abbandonando due auto in aree completamente diverse e distanti degli States. La prima auto, abbandonata con un finestrino rotto nel Bronx a New York, per anni zona notoriamente malfamata, fu immediatamente saccheggiata e distrutta, mentre l’altra autovettura, lasciata integra in una zona “normale” della California (Palo Alto), non venne assolutamente toccata. Però, e qui bisogna riflettere con attenzione, appena la variabile del degrado comparve anche nel quartiere “bene” californiano, ovvero lasciando l’auto per un’ulteriore settimana ma stavolta con un finestrino palesemente rotto, i comportamenti umani furono gli stessi della malfamata zona newyorkese e l’auto fu quindi saccheggiata e completamente distrutta proprio come accaduto nel quartiere più problematico. Ci si rese conto, quindi, che i segnali di “abbandono” facevano (e fanno) saltare i normali rapporti civili, per cui anche dove vigeva benessere e tranquillità poteva scatenarsi una spirale di degrado crescente.

Teppismo, furti, aggressioni, degrado. Certi quartieri “non nascono malfamati”, 
semplicemente ci diventano per indifferenze generalizzate.

Questa teoria, a New York interpretata in modo autoritario da uno dei più contestati sindaci americani, che la prese a riferimento per giustificare interventi repressivi molto duri e troppo generalizzati, in effetti può spiegare pacificamente e utilmente come curare i nostri paesaggi urbani. Se qualcuno deturpa un bene pubblico, ad esempio un monumento, ma anche una semplice panchina o per puro divertimento un’autovettura privata, il portone di un edificio, la fontana di un giardino pubblico o, peggio, degrada il territorio gettando impropriamente rifiuti per strada, e la comunità non pone immediatamente rimedio, incurante di quello scempio, i cittadini iniziano automaticamente a sfiduciare lo Stato e se stessi. Ciò, come si può ben comprendere, porta ad una pericolosa rassegnazione che alza la tolleranza per quegli stessi gesti. Mancando l’indignazione e la lotta civica per rimettere in ordine il territorio, il quartiere, il condominio o un’intera città, inizia una corsa senza freni verso ulteriori atti di violenza e deturpazione. Ciò è avvenuto in passato per alcuni nostri beni culturali, come ad esempio Carditello o alcune fontane di Roma (famoso lo scempio dei tifosi olandesi alla Barcaccia in Piazza di Spagna), è avvenuto per interi quartieri che via via sono diventati simbolo e luogo di spaccio e prostituzione a cielo aperto, ed avviene perfino per alcuni “paesaggi politici e imprenditoriali” dove ci si è oramai rassegnati alla corruzione, un fenomeno che al massimo ci fa sorridere allegramente mentre in tv passa l’ennesimo arrestato che brindava e gozzovigliava con i soldi delle nostre tasse. Cosa significa tutto ciò? Significa che se rendiamo “normale” lo scempio che ci circonda, a partire dalle bellezze del nostro territorio, rendiamo normale il degrado e lo accettiamo, ma soprattutto lo alimentiamo costantemente con la nostra indifferenza. Per questo, come evidenziato da questa particolare e utilissima ricerca, è necessario amare le nostre città, i nostri paesaggi, i nostri luoghi pubblici e privati, partecipando ogni giorno attivamente alla rinascita del Paese. Riappropriamoci della dignità di cittadini. Visitiamo un museo, anche se piccolo e meno conosciuto del Louvre, facciamo una passeggiata con gli amici, piuttosto che restare chiusi in un centro commerciale, prendiamo un treno o un bus per arrivare in un altro luogo ed evitiamo, così, di consegnare al degrado, all’abbandono e alla rassegnazione i nostri “paesaggi fatti di uomini, tradizioni e vita”. Aggiustiamo quella finestra rotta. Facciamolo ora!

Author Giuseppe Russo – Tutti i diritti riservati © luglio 2021 Riproduzione vietata

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