Il furto dei tesori napoletani custoditi a Montecassino. La misteriosa “Operazione 51”
La Seconda guerra mondiale, periodo storico che ha segnato in modo indelebile il “Secolo breve”, quel ‘900 considerato uno dei momentum spartiacque dell’evoluzione umana, è al centro di una narrazione politico-culturale che dura ormai da diversi decenni. Ciò che viene riportato, però, è spesso limitato ad una più superficiale visione della storia generale, troppo ristretta per comprendere pienamente quell’incredibile varietà di eventi che ha cambiato il mondo tra il 1939 ed il 1945. Le follie ideologiche, le invasioni naziste, gli stermini e poi il crollo di una Germania totalmente anestetizzata da un nazionalismo becero e violento, sono solo una parte di ciò che realmente accadde in quegli anni. Pochi ricordano, infatti, che numerosi fenomeni si affiancarono alla più diretta tragedia degli scontri sul campo. Ad esempio, prima dell’invasione dei Paesi Bassi, il 10 maggio del ‘40, mentre Franz von Metternich, discendente del famoso diplomatico detrattore di un’Italia mera espressione geografica, assumeva l’incarico di una propagandistica organizzazione tedesca per la tutela del patrimonio culturale in guerra, il cosiddetto Kunstschutz, i nazisti già agivano più o meno apertamente per trafugare ovunque opere d’arte di “interesse nazionale”. La E.R.R., speciale unità militare fuori dalle regole, il Commando Reichsleiter Rosenberg, incaricata di sequestrare e usare ogni cosa ritenuta politicamente, scientificamente e culturalmente interessante per il nuovo Reich, ben presto acquisì intere collezioni di beni culturali, reliquie, libri e sculture giustificando questi sequestri come atti di umanità per garantire la sopravvivenza dell’arte durante il periodo bellico. I fini, però, erano molto diversi da quanto professato, legati sia al rafforzamento culturale di un impero che doveva giustificarsi sul piano storico, sia alle discipline esoteriche, come pure al desiderio dei vertici tedeschi di circondarsi di dipinti, sculture e in genere delle bellezze artistiche del Vecchio Continente.
Su questo fronte, uno dei personaggi più attivi era il numero due del regime nazista, l’autoproclamatosi uomo del rinascimento Hermann Göring, amante della caccia all’arte come segno distintivo di superiorità intellettuale e razziale. Famoso per le sue sgargianti uniformi, durante i momenti di gloria del Terzo Reich si attorniò di tesori artistici assortendo la sua personale collezione con opere di Rubens, Jan Bruegel il Vecchio, Boucher o di noti autori italiani del calibro di Tiziano e Tintoretto.
Hermann Wilhelm Göring, numero due del regime nazista
A differenza di Hitler, che acquisiva grazie a veri curatori, il cosiddetto ‘esteta del male’ era più votato alla scelta diretta, alla caccia appunto, con una sfrenata passione che gli consentì la creazione, secondo i documenti presentati al Processo di Norimberga, di un vero e proprio museo di medie dimensioni che annoverava incredibilmente 1375 quadri di elevato pregio, alcuni usati come capoletto nel Castello di Carinhall in Brandeburgo, 250 sculture, oltre 100 arazzi, circa 200 pezzi di mobilio antico, vetri mosaicati, tappeti persiani e centinaia di altri piccoli oggetti di interesse artistico. Un vasto patrimonio culturale arrivato nelle mani di quest’uomo anche grazie ad acquisti resi legali da connivenze con i nostri vertici fascisti nazionali.
Ma una delle più studiate operazioni di furto di tesori italiani fu organizzata e messa in atto, durante la ritirata nazista dal sud Italia, semplicemente per fargli un regalo in occasione del suo 51esimo compleanno. Così, nell’ottobre del ’43, con gli americani alle calcagna, la fedelissima Divisione Göring si preparava al saccheggio di importanti beni culturali italiani approfittando del non più procrastinabile sgombero dell’Abbazia di Montecassino, custode da mesi di tesori provenienti da diverse parti d’Italia tra cui anche 187 casse contenenti i maggiori capolavori napoletani. Tra l’altro, va ricordato, il 3 luglio del ‘43 era arrivato in gran segreto a Cassino il famoso Tesoro di San Gennaro, consegnato direttamente dal Vicepresidente della Deputazione che a Napoli custodiva il tesoro del santo dal 1600.
Ma il dado era tratto e sfruttando il trasporto dei tesori verso Roma, iniziato il 17 novembre ’43, i nazisti deviarono alcuni camion verso una località segreta, come ampiamente sospettato dall’Abate di Montecassino Mons. Diamare, il cui arrivo a Spoleto era previsto e necessario proprio per dar modo di selezionare l’importante regalo di compleanno per il carismatico vicecapo del Reich. Così, a Villa Marignoli, in località Colle-Ferretto, le trafugate casse partenopee furono aperte da Walter Andreas Hofer, famoso mercante d’arte incaricato di scegliere il miglior pezzo possibile per l’altezzoso leader nazista. L’operazione era perfettamente riuscita. Il 12 gennaio del ’44, durante la festa per il suo compleanno, nonostante l’approssimarsi del crollo tedesco, Hermann Göring mostrava orgogliosamente la stupenda Danae di Tiziano, preziosissima tela custodita fino a pochi mesi prima a Napoli. Una gioia beffarda che preludeva al misterioso suicidio messo in scena dopo la condanna a morte di Norimberga, poche ore prima della prevista impiccagione.
I tesori napoletani avrebbero dovuto attendere fino al 1947 per riprendere la via di casa, ma erano comunque sopravvissuti alla Divisione Göring, alla follia nazista e ai desideri di uno dei più illustri cacciatori d’arte del regime hitleriano.
Author Giuseppe Russo Tutti i diritti riservati © 2020 Riproduzione vietata
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